Afghanistan, tra sfida e proteste contro il potere dei talebani
All’indomani della caduta di Kabul e della conquista dell’Afghanistan da parte dei talebani il futuro delle donne nel nuovo Emirato islamico è al centro delle problematiche che riguardano le donne afghane che hanno raggiunto gli stessi diritti dell’uomo dal 26 gennaio 2004, rifacendosi alla Costituzione del 1964. Dopo la caduta del regime, i diritti delle donne sono tornati a fiorire ma ora che i talebani hanno completato la conquista dell’Afghanistan si teme ci possa essere un ritorno al Medioevo.
Le proteste contro la presa di potere dei talebani in Afghanistan si stanno allargando ad altre città oltre la capitale Kabul. In un video postato sui social media si vede una folla di uomini e donne per le strade di Kabul che gridano ‘La nostra bandiera, la nostra identità’, sventolando bandiere nere, rosse e verdi nel giorno in cui l’Afghanistan celebra l’indipendenza dal controllo britannico nel 1919.
I dimostranti cantavano ‘Dio è il più grande’. In proteste in altre parti del paese, i media hanno riferito di persone che hanno tirato giù la bandiera bianca dei talebani. Alcune delle manifestazioni sono di dimensioni ridotte, ma aggiunte alle migliaia di persone che affollano l’aeroporto di Kabul nel tentativo di lasciare il paese danno un’idea delle sfide che i talebani dovranno affrontare per governare.
Non c’erano soluzioni buone o semplici per Joe Biden sull’Afghanistan, il presidente che ha chiuso la guerra nata per catturare Osama Bin Laden, per smantellare il suo gruppo di sicari del jihad e per rimuovere il regime dei talebani che se ne era preso cura. Consideriamo che la sua è stata la via più disonorevole per il suo paese e per chi confidava nella sicurezza nazionale americana, frammista a principi di interventismo umanitario e di ingerenza democratica dopo i due mandati di George W. Bush, abbandonati poi da Barack Obama prima, poi da Donald Trump e ora da Biden.
I Talebani non hanno prevalso militarmente ma si trovano al potere perché gli americani hanno deciso di lasciargli il paese. Senza usare giri di parole la disfatta afgana è stata autoimposta da Washington che ha riportato il paese nelle tenebre noncurante di tutte le bambine, di tutte le ragazzine e di tutte le giovani donne afghane destinate dalla legge coranica sguainata dai Talebani a essere ingabbiate in un burka e stuprate in nome di Allah misericordioso. Ovviamente, e al momento, nessuno sa come ‘trattare’ con i talebani per salvare più bambine e più persone possibili dalla setta razzista, stragista e patriarcale dei Talebani e si è certi che un corridoio umanitario potrà fare ben poco per salvarle dal rischio di schiavitù. Finché l’America, l’Italia e tutti gli altri paesi della coalizione internazionale, con mille difficoltà e pagando prezzi umani, sociali e finanziari incalcolabili, hanno tenuto i Talebani militarmente alla larga dai corpi delle donne, le donne afghane hanno potuto immaginare di vivere da esseri umani.
Si è finiti nel consegnare le giovani afghane ai loro carcerieri che erano stati tenuti a bada dalle armi degli eserciti internazionali.
Una volta entrato alla Casa Bianca, Biden avrebbe potuto riscattare l’America, cestinando la linea trumpiana, lasciando a Kabul quei tremila soldati che da tempo non combattevano più direttamente ma che invece coordinavano le operazioni a difesa delle deboli istituzioni rappresentative afghane. Avrebbe potuto organizzare una ritirata decorosa e in ogni caso successiva alla messa in sicurezza delle ragazze afghane. Cosa non fatta ed era una semplice polizza vita a favore delle ragazze afghane.
Hanno fatto credere che il burqa che copre le donne musulmane dell’Afghanistan è imposto dagli uomini, padri, fidanzati, mariti, fratelli; hanno fatto credere che il burqa alle donne è una regola dettata dall’islam. Una bugia stratosferica visto che l’islam non impone il burqa, l’islam non impone nulla, è il radicalismo che impone le limitazioni alle libertà. Il burqa è imposto dal governo che prende a pretesto la religione, lo impone come mezzo di sottomissione alle donne, attraverso i maschi, i quali, così, credono di esercitare un diritto divino, e non si rendono conto che essi, a loro volta, sono sottomessi al governo. Uno schiavo che si sente grande imponendo, a sua volta, al più debole, una schiavitù. A cosa servirebbe, altrimenti, il burqa, se non ad esercitare una supremazia sul popolo? Il governo sedicente ‘islamico’ consente agli uomini di schiavizzare le proprie donne, affinché non si rendano conto che essi stessi vengono tenuti in schiavitù. Non c’entra nulla la religione: l’islam afghano è sunnita, anche l’islam marocchino è sunnita, eppure in Marocco le donne hanno tutti i diritti esattamente come gli uomini, e vivono all’occidentale, malgrado tentativi mal riusciti di radicalizzazione dell’islam, le donne marocchine non hanno altro limite che il proprio pudore.