Politica

L’astensionismo mina la democrazia: la politica faccia ‘mea culpa’

Dopo le elezioni amministrative, i partiti si sono impegnati in una minuziosa analisi dei risultati elettorali, chiosando su chi siano stati i vincitori e gli sconfitti. Ma il dato è evidente e non suscettibile di analisi: l’unico partito che ha vinto è quello dei “non votanti”.

A riguardo alcune considerazioni. La Democrazia è quella forma di governo dove la sovranità è esercitata dal popolo, tramite rappresentanti liberamente eletti. Quindi senza politica (che è la scienza e l’arte di governare) non vi può essere democrazia.

Da questo assunto emerge che l’ordinamento democratico deve essere gestito da personaggi politici eletti dal popolo, ma a fronte di un elettorato inferiore al 50% esiste ancora una garanzia di democrazia che si esercita attraverso i rappresentanti eletti? E’ evidente che il sistema è in crisi e non si può far finta di niente. Un “buon” 30% attribuito da un corpo votante del 50% è in realtà uno  “scarso” 15%!

Si è detto che il ridotto consenso elettorale da parte di alcuni candidati sia dovuto ad una frettolosa e non accurata scelta dei candidati stessi. Affermazione questa pericolosa perchè si mette in relazione il voto con l’appeal, la popolarità del candidato stesso, che innegabilmente ha un ruolo ma non può essere il principale elemento per l’attribuzione di voto. Non dovrebbe essere il programma che indirizza il voto? Quanti cittadini hanno votato conoscendo il programma dei vari candidati? Da queste brevi considerazioni emerge che ci sia la necessità di riscrivere le regole della politica. Non è facile suggerire delle soluzioni. Probabilmente per candidarsi ad amministrare il complesso apparato statale in tutte le sue declinazioni bisogna conoscerne il funzionamento, attraverso una esperienza maturata dalle forme più semplici di governo a quelle più complesse. Una sorta di “abilitazione alla politica” come avviene per medici, avvocati, architetti, commercialisti.

I cittadini mostrano un distacco dalla politica, ma altrettanto vero è il contrario: la politica non sa più parlare ai cittadini. Team di esperti in comunicazione politica integrata insegnano ai politici il modo di parlare, la gestualità, la politica si fa sui social ma la gente non va a votare.

Queste problematiche devono essere affrontate, non si può più far finta di niente. Non avere il coraggio di cambiare può condurre a conseguenze disastrose. Se una presa violenta del potere oggi non sembra ipotizzabile, senza dubbio più concreto è il rischio dell’isolamento del cittadino, di una perdita del concetto di socialità e di una conseguente sfiducia nell’impegno sociale e politico.

Una società divisa, sfilacciata, qualunquistica mina pericolosamente le fondamenta della Democrazia con conseguente crisi del ruolo della politica e dei suoi interpreti.

Giancarlo D’Ambrosio