Politica

Cinquestelle e Cina: incontri discussi…

La Cina è un chiodo fisso per il M5S. Per ricostruire i rapporti tra il regime comunista cinese e il M5s  la prima cosa da fare è la più semplice: cercare la parola chiave «Cina» all’interno dell’archivio del Blog di Beppe Grillo. Andiamo dalle critiche violente riservate al Dragone durante la fase pionieristica del grillismo agli spot degli ultimi anni, in particolare a partire dal 2018, anno in cui il Movimento è arrivato al governo per la prima volta. E così se nel 2008 – in occasione delle Olimpiadi di Pechino – si potevano leggere frasi a favore dell’autonomia dei tibetani come queste: «La Cina ha intenzione di far partire la fiaccola olimpica proprio dal Tibet, dalla cima dell’Everest.

Il caso più controverso di sostegno grillino alla Cina è sulla questione dello Xinjiang. La regione in cui il governo cinese da anni segrega e perseguita la minoranza musulmana degli Uiguri. Su questo l’episodio più caldo è un documento del 19 maggio di quest’anno, ancora scaricabile in pdf dal Blog di Grillo. Si tratta di un rapporto intitolato «XinJiang. Capire la complessità, costruire la pace», promosso dal Centro Studi Eurasia-Mediterraneo insieme ad Eurispes e Idi (Istituto diplomatico internazionale). Il testo è deliberatamente filo-Cina e tende a colpevolizzare chi si oppone alla segregazione. Tra i firmatari spicca Grillo, ma c’è anche Vito Petrocelli, senatore presidente della commissione Esteri a Palazzo Madama. Il parlamentare lucano il 17 giugno, in un’intervista a Repubblica, si definiva «anche filocinese».

“È inaccettabile che un partito della maggioranza organizzi un incontro con un governatore esponente del Partito Comunista Cinese”, ha denunciato Federico Mollicone di Fratelli d’Italia, spiegando che “l’audizione, che il Movimento 5 Stelle aveva provato ad organizzare, alla Camera e al Senato in commissione riunite, è saltata proprio grazie all’intervento di Fratelli d’Italia, con il collega Delmastro Delle Vedove“.

Quella audizione ufficiale era stata annullata, ma i senatori grillini hanno insistito, racconta Mollicone. I grillini “hanno voluto organizzare un altro incontro informale per ripianare allo ‘sgarbo’. Il vicegovernatore dello Xinjiang rappresenta un regime e un Partito nemici dell’Occidente; uno Stato comunista che opprime il proprio stesso popolo e che è tutto fuorché dialogante”. L’atteggiamento del M5S pertanto è inaccettabile. “Come fanno dei parlamentari che rappresentano costituzionalmente la Nazione a dialogare con esponenti di quello stesso Partito e di quello stesso regime che impone il credito sociale; spedisce gli uiguri nei campi di rieducazione; sviluppa forme di totalitarismo comunista digitale con il credito sociale; e tecnologie sociali come l’eugenetica verso la popolazione uigura”.

Anche Giuseppe Conte subisce il fascino cinese. Lo scorso anno diede il via libera all’acquisizione da parte della società cinese Ferretti Group di un’area di 220mila metri quadri nel porto della città jonica. Di Maio, dal lato suo, parla del ruolo cruciale della Cina in Afganistan. Di Maio, poi in epoca gialloverde ha firmato il memorandum sulla Via della Seta.

Accusa Mollicone: “Con la scusa della difesa dei diritti umani, il Movimento 5 Stelle ha trasformato un incontro informale in una riunione di partito: ormai è evidente che rappresentano la quinta colonna del Partito Comunista Cinese. Il presidente Draghi non ha nulla da dichiarare?”. A Mollicone, deputato responsabile Cultura di Fratelli d’Italia e componente dell’Intergruppo parlamentare di amicizia Italia-Cina si è associata la Lega: “Abbiamo preso volutamente le distanze dall’incontro organizzato al Senato. La Lega si rifiuta di sedere al tavolo con autorità politiche del regime comunista cinese responsabile della persecuzione del popolo uiguro”. Lo hanno rivendicato i parlamentari della Lega.