Il bisiluro progettato da Taruffi
Librato sul camion pare ancora un aereo, infatti lo vedremo volare, ma su un’autostrada», recita un servizio dell’Istituto Luce di inizio dicembre 1948, girato su un tratto dell’autostrada Bergamo-Brescia. Le immagini in bianco e nero mostrano quattro meccanici sollevare senza troppi sforzi un particolare veicolo color argento, formato da due scafi a forma di goccia, uniti solamente da una sbarra metallica e da un alettone. «A terra, sembra un gingillo», prosegue il giornalista, con la tipica voce nasale degli inviati di un tempo.
Per creare quel “gingillo”, Piero Taruffi, leggendario pilota e ingegnere, ha passato dei mesi nel suo garage di Roma, insieme all’amico Carlo Giannini. Le sue competenze meccaniche e tecnologiche, unite alla visionaria ambizione, hanno prodotto il bisiluro motorizzato, soprannominato Tarf in onore del suo creatore, un veicolo avveniristico che tra la fine degli anni ‘40 e l’inizio degli anni ‘50 batterà una ventina di record velocità, superando per la prima volta il muro dei 300 chilometri orari.