Carlo Calenda è la sua ‘Azione’ tendezialmente centrale…
Carlo Calenda con Azione ha tenuto un congresso con delegati, ospiti e proiezioni politiche, in pratica una prova-partito con annessa l’intesa con +Europa. Emma Bonino dal palco ha lanciato a Calenda adesione e avvertimento: «Carlo, non hai esperienze di partiti, posso farti gli auguri. Io ce l’ho da 40 anni e più i partiti sono piccoli e più sono litigiosi, non il contrario. Ognuno ha le sue ambizioni, ammantate da grandi questioni ideali. Ma io sono pronta».
Calenda disegna il progetto di Azione come un contenitore riformista e antipopulista, partito aperto e contendibile, con il quale si dice certo di raggiungere il 20 per cento con un adeguato gruppo dirigente.
Calenda vuole costruire il partito che non c’è, frutto di sistema politico equilibrato, che non cerca ammucchiate, non vuole fascinazioni improvvise, ma un partito che abbia le idee a posto e rappresenti un ideale moderato, liberale e popolare, che non abbia necessità di facili protagonismi.
‘Oggi nasce il terzo polo del riformismo e della cultura di governo: dobbiamo costruire un’alternativa possibile al populismo e al sovranismo’, sono le parole di Calenda: ‘Il grande centro non esiste, esiste un’area pragmatica che contiene le grandi famiglie politiche europee’.
Si è rivolge a Letta per avere un’adesione al suo progetto politico ma lo fa in questo modo: “Certo, che voglio stare con te, ma devi venire tu nel nostro campo”. Agli amici di Forza Italia aggiunge: ‘Dico di venire anche loro nel nostro campo. A Renzi, che ritengo essere il migliore presidente dai tempi di De Gasperi, dico: certo che stiamo insieme, ma non è pensabile che tu sia pagato da uno Stato straniero. Decidi se vuoi fare politica o business. Io da quando faccio politica non ho più una consulenza. Lo stesso Matteo Richetti. Chi fa politica non fa consulenze: i soldi li trova dai suoi sostenitori’.
Calenda, a margine, guarda al futuro di ‘Italia viva’, che terrà l’assemblea nazionale il 26, con Matteo Renzi al contrattacco dopo il colpo all’inchiesta Open inferto dalla Cassazione.
Il leader di Azione pone a Enrico Letta la questione della rottura con Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, realtà non raccolta dal segretario Pd che si muove dentro la logica del bipolarismo con lo schema del ‘campo largo’. Letta, aldilà del campo di gioco, farebbe ponti d’oro a Calenda a condizione di continuare ad accarezzare il M5s, visto come il principale alleato di una ‘coalizione immaginaria’. Letta in realtà continua a pensare ad un ‘nuovo centrosinistra’ che, sia chiaro, non esiste. Letta immagina ancora un’alleanza strategica con i pentastellati che sono palesemente in declino e non hanno più un ruolo nella società.
I Cinque Stelle sono stati l’unica grande forza di maggioranza assente al congresso di Azione. La combinazione delle dichiarazioni dei capi del Pd e di Azione taglia fuori i grillini dal perimetro di un campo largo progressista che è sempre più fluido ma dai contorni incerti. Letta lancia l’amo a Calenda e gli propone di governare insieme dopo il 2023, ma l’europarlamentare ed ex ministro ribadisce l’aut aut: o noi o loro. Per Calenda i pentastellati hanno «inquinato la politica italiana» e sono «un disvalore per l’Italia». Quindi, insiste il leader di Azione: «Vincere insieme le politiche del 2023? Io a Letta dico che tutto questo è possibile ad una condizione che lui sa perfettamente: che non ci sia il M5s». È un veto che potrebbe sbarrare la strada anche alle alleanze a geometria variabile tipiche dello scenario proporzionale che si va delineando. Per Le comunali di giugno sul territorio i referenti locali fanno autogestione. Alle elezioni del 13 marzo prossimo per la Città Metropolitana di Napoli, dopo una sfida tra dimaiani e fichiani, i Cinque Stelle andranno da soli con un logo diverso: ‘Territori in Movimento’. Meglio non rischiare ricorsi con lo Statuto congelato dai tribunali. A Como, dove si sceglierà il sindaco, il M5s correrà da solo. Goffredo Bettini, stratega Pd e amico di Conte, in un’intervista al Foglio tratteggia scenari di larghe intese con la Lega dopo le politiche.
‘Alcuni media – scrive su Twitter Enrico Letta – annunciavano per stamani un mio incontro con Giuseppe Conte, incontro che non era previsto. Vedo ora addirittura commenti sui motivi per cui l’incontro di oggi, mai fissato, sarebbe poi saltato…Ci siamo appena chiamati con Giuseppe Conte e abbiamo condiviso un sorriso». Detto questo, sottolinea il segretario del Pd, «io sono molto fiero dell’impegno che il Pd ha tenuto in questi due anni di lavoro, soprattutto durante la pandemia. Nel Conte II abbiamo imparato a lavorare insieme e questo lavoro continua anche con il governo Draghi. Un rapporto politico fondamentale che dura e durerà». Dichiarazione che è una chiara risposta a Carlo Calenda.
Il leader di Azione, nonostante affermi che il grande centro non esista e guardi ad un’area politica pragmatica, in realtà ha per il momento un centro di centrosinistra con Italia Viva, +Europa e Azione di Calenda. Immagina, ovviamente, di poter essere l’ago della bilancia, decisivo per la stabilità, grazie anche ad uno spazio potenziale di espansione e conquista di voti. Si immagina oggi, da più parti, a pezzi di ‘centro’ da costruire ed esporre secondo una logica da supermercato, da prendere e da utilizzare per salvare il Paese, tutte immaginate per pesarsi in chiave proporzionale. Il punto comune che hanno tutte è il desiderio di trovarsi in posizione favorevolmente centrale.