Mondo

Venti di guerra pure in Vaticano. Il retroscena di Bisignani

Papa Francesco é sceso personalmente in campo per fermare la guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina. Il Santo Padre si è recato personalmente dall’ambasciatore russo per sensibilizzare il cuore sovietico. Una mossa diplomatica che non sarebbe piaciuta in Vaticano. Ecco un retroscena di Luigi Bisignani pubblicato sul quotidiano Il Tempo.

Caro Direttore, anche a San Pietro, dove la diplomazia vaticana pare non abbia apprezzato la visita sine notitiam di Bergoglio all’Ambasciatore russo nonché ex Ministro della Cultura di Putin, Alexander Avdeev. Una decisione suggerita, sembra, da Andrea Riccardi, potente capo della Comunità di Sant’Egidio, alla ricerca smaniosa di ruoli diplomatici nella crisi ucraina, e dal discusso sostituto venezuelano della Segreteria di Stato, Edgar Peña Parra. Mentre, pare, che il Segretario dì Stato della Santa Sede, cardinale Parolin, sia stato invece avvertito dalla Gendarmeria solo quando la Fiat 500 lasciava il Cortile di San Damaso. Il disagio della diplomazia vaticana non si traduce solo in una questione di forma, ma soprattutto di sostanza. Di forma, in quanto il secolare Protocollo vaticano prevede che il Santo Padre, in caso di colloquio con un diplomatico, debba «invitare» quest’ultimo «domi suae» in udienza e non, come è accaduto, che il Papa esca e vada come «un turista per caso» dall’ambasciatore russo, quasi fosse un fedele da evangelizzare, peraltro in un palazzo dove si svolgono diverse attività e di fronte ad una nutrita presenza di dipendenti vaticani increduli.

Di sostanza, invece, perché in questo modo un eventuale ruolo di facilitatore dell’avvio del processo di mediazione da parte del Papa, auspicato peraltro anche dal premier Draghi, non verrebbe più giudicato super partes. Il nostro Premier, tra l’altro, pur rimediando in extremis una telefonata, non dimenticherà lo scherno via Twitter del presidente ucraino Volodymyr Zelensky per la call non concordata. Un disagio che anche Parolin ormai ben conosce, stando almeno a quanto affermano i soliti corvi che aleggiano su Santa Marta, e sarebbe il motivo per cui oggi a Firenze il Cardinale non parteciperà, al posto del Santo Padre – a sua volta bloccato da un ginocchio dolorante – alla messa e alle celebrazioni per la cosiddetta «Carta di Firenze», sottoscritta da sindaci e vescovi del Mediterraneo. Forse, con la visita all’ambasciatore russo, Bergoglio ha cercato di riprendere un filo diretto con lo Zar dopo un piccolo incidente diplomatico di qualche tempo fa. Quando Putin, infatti, venne in visita dal Papa espresse il desiderio di ricevere la Consacrazione Papale della Russia alla Madonna. Richiesta a cui Bergoglio non diede seguito, innervosendo così Putin. E poco ha potuto fare il Patriarca Kirill il quale, nonostante sia in buoni rapporti con Francesco, è considerato anche lui un «suddito» dello Zar. Ma perché c’è tanto sconforto per la mossa russa del Pontefice, che molti invece hanno letto come un gesto di straordinaria umiltà in nome della Misericordia? Forse perché questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso di una diplomazia, riconosciuta come una delle più autorevoli del mondo, oramai allo sbando.

Viene sempre più criticata la decisione di mettere a capo della terza sezione della Segreteria di Stato, che governa tutto il personale diplomatico, l’Arcivescovo poliglotta polacco Jan Romeo Pawlowski. Da molti anni, infatti, vengono tenuti al palo diplomatici di prim’ordine, con il solo torto di essere nati lontani dalla Vistola. La Congregazione dei Vescovi, organo che sceglie e propone al Papa i futuri vescovi, in passato ha sempre svolto pienamente la sua funzione, ma dagli anni di Wojtyla ad oggi è divenuta una delle strutture meno attive della Santa Sede: regolarmente estromessa dalle scelte degli ordinari, per intervento diretto del Papa, vede spesso chiamate a guidare le diocesi persone non sottoposte a rigorose verifiche. Nell’era Bergoglio vengono privilegiati i cosiddetti «preti di strada» che, dai campetti di periferia, sono promossi in Champions, creando le solite grandi attese e, puntualmente, devastanti delusioni. Nei confronti dell’Est Europa, inoltre, c’era una grande tradizione di collegamento tra la diplomazia vaticana di Roma e i cardinali e i vescovi francesi e tedeschi capaci di far sentire fortissimo il peso della Chiesa. Basti pensare ai Papi del passato che svolsero opera di mediazione in momenti delicatissimi, come Papa Pacelli che, per fermare il massacro degli ebrei, fece parlare in privato il suo Segretario di Stato, cardinal Maglione, con Von Weiszacker, senza andare in ambasciate o chiamare la radio. Ma con Francesco, tutta questa tradizione è saltata: una vera e propria corazzata in giro per il mondo sostituita da una Fiat 500 in giro per via della Conciliazione. Le vie del Signore sono infinite.