Zelensky si arrende: “Non entreremo nella Nato”
Il presidente ucraino Volodimir Zelensky prova a salvare il salvabile nel momento in cui si intravede la possibilità di costruire nei prossimi giorni un negoziato più solido rispetto a quanto visto finora. Dopo le timide aperture su Donbass e Crimea, Zelenky ha seguito il corso degli eventi – laddove si iniza a ragionare della neutralità dell’Ucraina anche in Occidente – mettendo sul tavolo di un possibile negoziato anche la Nato. E la sostanziale rinuncia a farne parte.
“È chiaro che l’Ucraina non è un membro della Nato. Lo capiamo questo. Per anni abbiamo sentito parlare di presunte porte aperte, ma abbiamo sentito dire che non possiamo entrarci. E questo è vero, e dobbiamo ammetterlo. Sono lieto che la nostra gente stia cominciando a capirlo e a fare affidamento su se stessa e sui nostri partner che ci aiutano”. Così Zelensky, in video collegamento con il premier britannico Boris Johnson e gli altri leader dei Paesi che compongono la UK Joint Expeditionary Force (Jef), il corpo di spedizione militare guidato dal Regno Unito, secondo quanto riporta l’agenzia Interfax-Ucraina.
“Stiamo combattendo per le nostre vite. Combattiamo per la nostra vita con missili, bombe aeree, artiglieria, carri armati e mortai. E tutto il resto che le truppe russe stanno usando per distruggerci. Tutto il resto, oltre alla Russia, si sta autodistruggendo adesso. Perché ogni colpo all’Ucraina è un passo verso l’autodistruzione della Russia”, ha poi affermato Zelensky in un nuovo video pubblicato su Telegram.
“Questa notte su quasi tutto il territorio ucraino si sentivano le sirene. A Dnipro hanno distrutto l’aeroporto, a Kharkiv sono arrivate bombe su quartieri residenziali, a Rivne i soccorritori continuano a sgomberare le macerie dell’attacco alla torre della radio e della tv e ad ora si sa di 19 morti. Nell’antica Cernihiv e a Oster i bombardamenti russi hanno cancellato qualsiasi collegamento con i tempi dell’Antica Rus. Gli occupanti non hanno radici, non hanno memoria né anima”, aggiunge.
“Ognuna delle 800 bombe russe che hanno colpito l’Ucraina – ha poi continuato Zelensky nel video pubblicato via Instagram – è la risposta ad una antica domanda sulla Nato, sul fatto se la Nato è veramente disposta ad aprire le porte per l’Ucraina. Se le porte fossero aperte non avremmo dovuto chiedere all’alleanza per 20 giorni di chiudere il cielo sull’Ucraina”.
Vero! Il presidente Ucraino, Volodymyr Zelenskyy ha riferito che la situazione potrebbe migliorare solo istituendo una no fly zone sui cieli dell’Ucraina. Ma cosa è la no fly zone e chi ne decide l’applicazione.
La no fly zone, letteralmente zona d’interdizione al volo, esclude la possibilità di sorvolare con qualsiasi mezzo aereo un’intera area geografica.
Questa strategia può essere applicata dalle organizzazioni internazionali, come la NATO e l’ONU e dai governi come L’Unione Europea o i singoli Stati.
Questa strategia militare dovrebbe essere un deterrente per le forze nemiche durante un conflitto, ma al contrario di quanto pensa la no fly zone non é una manovra difensiva ma bensì offensiva. Chi la dichiara ha il dovere di pattugliare lo spazio aereo interdetto, fino ad arrivare all’abbattimento dei velivoli aerei nemici che sconfinano. Inoltre, il pattugliamento aereo ha il compito di identificare e abbattere ogni risorsa antiaerea, a terra, dell’avversario per non favorite un contro attacco alle forze aeree che pattugliano l’area. Questa misura è efficace solo se chi la applica poi rispetti e onori i suoi doveri. Questo è quanto, in pratica, sfugge a Zelensky.
La possibile istituzione di una no fly zone nei cieli ucraini sarebbe una dichiarazione esplicita di guerra da parte di una organizzazione internazionale o di un singolo Paese, contro la Russia e il suo vasto arsenale. È possibile che il Cremlino non rispetti il divieto di volo in quell’area, costringendo così le forze militari ad un attacco diretto.
È quindi vitale continuare con la diplomazia e con le sanzioni, tra quelle applicate dall’Unione Europea e altri Stati la chiusura proprio spazio aereo, alla Russia, in attesa che si arrivi a un accordo bilaterale sulla pace in Ucraina. Inoltre è assoluitamente impossibile immaginare l’ingresso dell’Ucraina in Nato. Se ciò avvenisse sarebbe una dichiarazione di guerra mondiale, forse anche nucleare che che potrebbe coinvolgere direttamente anche il nostro Paese.
Probabile che la Russia accetterà probabilmente di discutere, perché con le città ucraine sotto assedio, Vladimir Putin è nella posizione di forza che cercava prima di sedersi ad un tavolo negoziale, e allo stesso tempo non può permettersi di prolungare oltremodo una presenza sul campo costosissima per l’asfittica economia russa, condannata al default da blocchi e sanzioni.
Al centro della matassa c’è la neutralità militare ucraina. Più importante ancora delle questioni territoriali su cui si dipana il conflitto. In questa prospettiva, Zelensky potrebbe conservare il proprio ruolo, in cambio l’Ucraina si impegnerebbe ad adottare la “neutralità perpetua”, modificando la Costituzione che dal 2019 prevede invece un progressivo avvicinamento all’Occidente ed al Patto Atlantico. Sul modello dell’Austria, più che quello finlandese.
Se nelle scorse settimane si era parlato spesso di Finlandia, infatti, il modello cui punta Putin è quello austriaco. Perché la Finlandia è sempre stata neutrale rispetto ai due blocchi ma senza vincoli, ossia con la possibilità di scegliere di aderirvi in caso di necessità (ed ora Helsinki sta pensando seriamente di entrare nella Nato), mentre la neutralità austriaca è sancita dalla costituzione, così come i russi vorrebbero per l’Ucraina. Potrebbe essere questo il punto di partenza nel colloquio tra i ministri degli Esteri russo, Sergei Lavrov e quello ucraino, Dmytro Kuleba, fissato per domani, giovedì 10 marzo, ad Antalya, in Turchia.
A quel punto, Putin avrebbe ottenuto con la forza ciò a cui puntava: la smilitarizazione dell’Ucraina e la neutralizzazione del rischo di vederla aderire alla Nato. E allora potrebbe anche decidere di alleggerire il peso del conflitto , che inizia ad essere difficilmente sostenibile anche per la stessa Russia. Ma siamo nel campo delle ipotesi future, e in guerra – si sa – gli scenari possono cambiare rapidamente. Specie quando dietro ad un conflitto locale, come detto, aleggia lo spettro di una possibile terza guerra mondiale.