CronacaItalia

Milano: ‘catcalling’ a giudizio

A Milano, è arrivata la sentenza per “uno dei primi processi per ‘catcalling’” contro tre militari. Per non generare alcun tipo di confusione, con ‘catcalling’ si configurano una serie di molestie sessuali prettamente verbali, o che avvengono per mezzo di fischi e versi assimilabili al lamento felino, come suggerisce il nome. Nonostante si tratti di un termine antico, risalente alla metà del Seicento, il significato attribuitogli di “molestia” appartiene alla storia recente della seconda metà del secolo scorso. Da allora, il ‘catcalling’ è oggetto di controversie: il limite oltre il quale anche solo un fischio può essere considerato molestia appare, talvolta, indefinito e sfocato. Ebbene, secondo la psicologia, due sono i fattori da tenere in considerazione: contesto relazionale e consenso. Il consenso a ricevere commenti può essere tacito e implicito, se le persone in causa si muovono in un contesto relazionale intimo, quale può essere un corteggiamento; se viene a mancare la conoscenza e, di conseguenza, il consenso, allora si parla di molestia. In definitiva, episodi di molestia verbale generano paura, ansia e rabbia che possono ripresentarsi anche in seguito, così come accade per la ragazza che nel marzo 2021 ha denunciato i tre militari a processo. Roberta Bianchi, legale dell’accusa, ha spesso ricordato quanto la sua assistita sia ancora visibilmente turbata per l’insistenza ed il linguaggio usati nei suoi riguardi. I tre uomini erano in pausa presso un bar quando, secondo il difensore, Salvo Lo Greco, avrebbero “semplicemente chiesto alla ragazza e alla sua amica se volessero bere con loro”. Due anni dopo l’episodio, il vice procuratore onorario, Marisa Marchini, richiede due mesi di carcere, senza la concessione delle attenuanti generiche (senza, quindi, la possibilità di ridurre la pena di 1/3 della sua durata). Il giudice Luigi Fuda ha infine optato per un mese di detenzione e tremila euro di risarcimento. La sentenza ha suscitato l’indignazione della difesa: l’incarcerazione per molestie verbali danneggerebbe la vita e la reputazione dei tre militari (o meglio, erano tre nel 2021: uno di loro ha poi lasciato l’arma) e delle loro famiglie. Lo Greco procede con il sottolineare come nessuno dei testimoni interpellati abbia confermato la versione dell’accusa. In più, permarrebbe l’interesse a nascondere quanto successo subito dopo le molestie: il padre della ragazza sarebbe, infatti, intervenuto in difesa della figlia schiaffeggiando uno dei militari. “Avrebbero dovuto difenderla”, dichiara la madre in aula, nel giugno dello scorso anno “e invece l’hanno terrorizzata. Va dallo psicologo due volte a settimana e non riesce più a concentrarsi”.

di Alice Franceschi