Digital debts: perdita tecnologica
Nel 2019, l’osservatorio del Politecnico di Milano aveva rilevato poco più di mezzo milione di lavoratori in ‘smart working’: nel 2022, il ‘lavoro agile’ ha coperto ben il 91% delle aziende italiane, con 1,84 milioni di lavoratori dietro la scrivania di casa. Non è facile tornare in ufficio, le comodità sono troppe per dipendenti e aziende (considerato che per ogni euro percepito da un dipendente, in postazione fisica, presso un ufficio, l’azienda spende 2,10 euro), ma secondo una nuova analisi di Microsoft, il tempo speso online, presso software in grado di mettere in comunicazione i lavoratori, corrisponderebbe ad una perdita di due giorni di lavoro a settimana.
La perdita rientra in quelli che vengono definiti ‘digital debts’, una serie infinita, poco considerata ma ormai cruciale, di problemi legati alla transizione tecnologica.
L’azienda McKinsey & Company si occupa di sistemi per altre aziende, e identifica il debito digitale come: “materia oscura: sai che esiste, puoi dedurre il suo impatto, ma non si può vedere né misurare. Ritardo del prodotto, rischi nascosti, costi vertiginosi e persino ingegneri che si dimettono frustrati, sono tutti sintomi comuni”. In risposta ai sintomi, l’impatto dedotto da Microsoft è, per singolo utente, di 9 ore perse dietro alle e-mail e almeno altre 7 ore in chiamate e riunioni.
Quanto il debito digitale intacchi l’introito annuale dipende, poi, da ogni realtà lavorativa: su Forbes si parla di una grande banca nordamericana, i quali oltre mille sistemi e applicazioni generano, insieme, un debito di 2 miliardi di dollari. In generale, il 20% degli investimenti tecnologici è usato per ripagare il debito in riparazioni veloci e poco risolutive. Russel Craig, Responsabile Tecnologico Nazionale Microsoft per la Nuova Zelanda, parla di questi piccoli investimenti come il vero problema del debito tecnologico. “La sfida per le aziende” continua Craig “è essere coraggiose e fissare le fondamenta di quei sistemi che non sono ancora a prova di futuro, così da evitare un accumulo di debito”. Le scelte (in termini di piattaforme, cloud e sistemi), effettuate nei primi tempi di crisi della pandemia, portano con sé grandi responsabilità di mantenimento a lungo termine: per questo, nonostante le perplessità di CEO in tutto il mondo, che hanno già investito in sistemi tecnologici, impegnarsi a modificare quegli stessi sistemi, in maniera definitiva, oggi, significa migliorare l’efficienza dell’azienda, l’esperienza dei clienti e il benessere psicologico dei lavoratori.
Se la transizione è inevitabile, che avvenga nel migliore dei modi possibile.
di Alice Franceschi