Fuga dall’università: abbandoni più alti della storia
A meno di un mese dall’esame di maturità e dalla fatidica scelta universitaria, ecco che i maturandi si trovano davanti a notizie sconcertanti: gli abbandoni al primo anno di corso universitario non sono mai stati così alti. Durante l’anno accademico 2011-2012, era stato il 6,4% degli studenti italiani ad abbandonare; dieci anni dopo, il 7,3% ha deciso di interrompere gli studi nel corso del primo anno. Sorgono, a ragione, dubbi e domande sulle motivazioni che possano aver spinto un numero relativamente alto di studenti alla rinuncia: l’università è davvero diventata impraticabile?
Secondo Camilla Piredda e Simone Argutoli, due esponenti nazionali dell’UDU (Unione degli Universitari), i motivi per cui si abbandona sono molteplici: dal caro affitti, passando per la mancanza di prospettiva lavorativa e supporto psicologico o tutorato; alle difficoltà economiche per i fuori corso nel pagare altre tasse annuali, fino al culto dell’eccellenza, vista come unico, talvolta irraggiungibile, standard di successo possibile. Nel 2022, sono stati almeno tre i ragazzi ad uccidersi, spinti da un senso di inadeguatezza rispetto ai compagni perfettamente in corso e con alte valutazioni; nel primo mese del 2023, il peso delle aspettative ha mietuto altre due vittime. Laura Parolin, presidente dell’Ordine degli psicologi della Lombardia, parla di un ambiente universitario che “lascia fuori tutto ciò che è medio o normale; forgia ragazzi poco abituati ad ascoltare sé stessi, i loro bisogni, passioni e talenti. Tollerare l’insuccesso è una parte fondamentale del processo di crescita personale”. Non si tratta di chiedere sacrifici agli universitari, ma di fornire loro gli strumenti giusti per completare un percorso formativo in tutti i sensi, in modo “dignitoso e tranquillo”, come conclude la dichiarazione dell’UDU. Chiedere alcuni sacrifici ad alcuni studenti porta, nel migliore dei casi e forse inevitabilmente, ad alti tassi di abbandono.
Ma data la recente e forte attenzione mediatica alle problematiche della vita universitaria, è auspicabile che questa stagione di matricole assista ad una nuova organizzazione dell’istruzione terziaria. I dati preoccupanti di questi giorni fanno, comunque, riferimento allo scorso anno accademico, ancora segnato da restrizioni COVID e DAD per la stragrande maggioranza degli atenei. Il 33,4% degli studenti si era dichiarato scettico nei confronti della didattica a distanza, che è stata, sin dai primi giorni di emergenza, fonte di ansia e frustrazione: associare il primo anno di università ad uno schermo piuttosto che a nuovi amici e possibilità non ha sicuramente giovato. Ma che non diventi una giustificazione per non agire, perché le ultime riforme universitarie risalgono al lontano 2010.
di Alice Franceschi