Francia: rivoluzione per Nahel
La storia di Nahel, il diciassettenne francese ucciso da un agente di polizia, dopo essersi rifiutato di esibire i documenti alla guida, continua ad infervorare le piazze di tutta la Francia: le manifestazioni violente degli ultimi giorni hanno portato all’arresto di ben 600 persone, numero destinato a seguire la tendenza in aumento registrata tra una protesta e l’altra.
Dalle testimonianze di chi era vicino a Nahel e vive nella sua stessa banlieau, a Nanterre, si scopre che il ragazzo, quando non si allenava sul campo da rugby, era solito occuparsi delle consegne di un ristorante di zona. A Nahel era già stato chiesto di fermarsi ad un posto di blocco più volte: non aveva mai obbedito, aveva sempre proseguito senza fermarsi. Per questa ragione, era stata inviata la richiesta formale di presentarsi in tribunale, ma l’ultimo posto di blocco gli è stato fatale.
Secondo la difesa, l’agente non avrebbe voluto uccidere, ritenendo semplicemente opportuno sparare per adempiere al suo dovere e garantire la sicurezza del Paese. Ma i manifestanti sono convinti che l’esecuzione di un ragazzo giovanissimo abbia poco a che fare con la sicurezza: sono più propensi, invece, a rivolgere bombe carta e fumogeni contro un vero e proprio caso di razzismo, riconoscendo in quel fucile puntato al petto un gesto ben consapevole di prevaricazione sul ragazzo perché “arabo”.
A poco sono servite le critiche dichiarazioni di Macron, che chiede rispetto per la marce bianche organizzate dalla madre di Nahel e ritiene la violenza mossa contro le autorità assolutamente “ingiustificata”, perché adesso la Francia si trova ad un passo dallo stato di emergenza. E a tenere sotto scacco il Paese sono, per lo più, adolescenti.
La maggioranza delle persone arrestate hanno età tra i 14 e i 18 anni, sono ragazzi che si riconoscono nella storia di Nahel e rispondono al fuoco in nome di chi non può più farlo. Forse è la prima volta che questa generazione si mostra tanto incisiva da mettere in difficoltà uno stato abituato alle proteste come quello francese. I video degli scontri sconvolgono e indignano notte dopo notte, la violenza c’è ed è spaventosa: i metodi sono sicuramente discutibili. Ma se chi ha creato il fondo a sostegno della famiglia dell’agente si vanta di aver raccolto più soldi rispetto al fondo in favore di Nahel, evidentemente, la discriminazione è reale.
Nel momento in cui il pronostico del presidente degli interni Darmanin si avvererà e “vincerà la Repubblica”, la consapevolezza ci sarà e rivoluzione sarà fatta.
di Alice Franceschi