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Giustizia, ecco come intervenire sul concorso esterno

Al Quirinale c’è stato l’incontro, si spera risolutivo per la riforma Giustizia, tra  il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il tema principale affrontato è stato quello della giustizia, con un focus sulla riforma Nordio, per sanare i momenti di tensione tra il governo e la magistratura. Mattarella, non a caso, aveva ricevuto nei gironi scorsi al Quirinale la prima Presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, e il Procuratore Generale della Corte, Luigi Salvato. Se, come desiderato  dalla maggioranza, la firma del presidente ci sarà e toccherà poi a Camera e Senato affrontare i nodi della riforma della giustizia. Successivamente, sarà nuovamente il Quirinale ad effettuare eventualmente l’ultima verifica prima della promulgazione. ‘Mi inchino agli orientamenti del Quirinale, trattandosi di un ddl e non di un decreto, il transito al Quirinale è un atto dovuto’, affermava  il ministro della Giustizia Carlo Nordio,  parlando in merito di eventuali rilievi del Colle sulla riforma della giustizia, a un evento di Fratelli d’Italia in piazza Vittorio a Roma. Parlo delle dichiarazioni di Carlo Nordio sul tema del concorso esterno in associazione mafiosa rilasciate in piazza Vittorio.  Alfredo Mantovano, ex magistrato,  e sottosegretario alla presidenza del Consiglio,  ha specificato che al momento una rimodulazione di questo reato non è una priorità. ‘Il concorso esterno è un reato evanescente, che non esiste. Si tratta di una creazione giurisprudenziale. Cioè la Cassazione, i giudici, hanno inventato questa formula abbastanza evanescente, che a rigore di logica è un ossimoro’, aveva dichiarato in maniera netta Carlo Nordio gettando ulteriore benzina sul fuoco nei già tesi rapporti tra governo e magistratura. Il ministro della giustizia aveva anche specificato di non voler cancellare la norma, ma di essere pronto a spendersi in prima persona perché il reato possa essere presto ‘Totalmente rimodulato’. ‘Ai parenti delle vittime di mafia, a Salvatore Borsellino e Maria Falcone, dico che modificare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non è un tema in discussione’, ha affermato Mantovano. Salvatore Borsellino e Maria Falcone, intervistati hanno espresso preoccupazioni e critiche di fronte all’ipotesi di un intervento sul reato. ‘Il governo – ha chiarito Mantovano – non farà alcun passo indietro nella lotta alla criminalità organizzata. Ci sono altre priorità’. Per Mantovano ‘la giurisprudenza sul concorso esterno è consolidata’ e ‘non c’è bisogno di aprire un altro fronte’, nonostante, ha ammesso, ‘ci sono interpretazioni diverse dei giuristi sul tema’. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha richiamato una sentenza della Cassazione (la 34895 del 2022) che ‘ha rivisto il concetto stesso di criminalità organizzata’ e ‘creato allarme nei tribunali’ perché vengono messe in discussione ‘le aggravanti speciali, i benefici penitenziari e così via’. Su questo, quindi, i giudici, ha detto, ‘dovranno fare chiarezza’. Ma sul concorso esterno ‘non serve intervenire politicamente’, perché ci sono ‘altre priorità’. Vi assicuro – ha ribadito il sottosegretario – che non faremo alcun passo indietro nella lotta alla criminalità organizzata. Nordio, in merito,  aveva rilevato quella che ritiene essere una illogicità del reato: ‘Il concorso esterno non esiste come reato, è una creazione giurisprudenziale. È un ossimoro, se sei concorrente non sei esterno e se sei esterno non sei concorrente. Noi non vogliamo eliminarlo, sappiamo che si può essere mafiosi all’interno dell’organizzazione o favoreggiatori all’esterno, ma il reato va rimodulato’. Il governo non intende seguire il ministro della Giustizia nella sua ‘fuga in avanti sulla «rimodulazione’ del concorso esterno in associazione mafiosa. ‘C’è una giurisprudenza consolidata, non riaprirei altri discorsi’, taglia corto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, piuttosto, lascia intendere che ci sarà un intervento che va nella direzione opposta al paventato abbassamento della guardia nel contrasto alla criminalità organizzata; addirittura un decreto legge per rimediare ai possibili danni prodotti da una recente sentenza della Corte di cassazione che mette in discussione la matrice mafiosa di alcuni delitti,  compresi gli omicidi, quando non è contestato il reato associativo. Nonostante ci sia l’aggravante di favorire la camorra, la ’ndrangheta o Cosa nostra. Peraltro, ricordiamo,  non è un reato previsto dal codice penale, quindi non c’è nulla da abolire o modificare; si tratta di una costruzione giuridica immaginata dai tempi del pool antimafia di Falcone e Borsellino, ma addirittura fin dagli anni Trenta del Novecento, come ha ricordato  il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia davanti alla commissione antimafia: ‘Mi pare difficile non ricorrere più a uno strumento che si è rivelato utile e corretto’. Se si vuole immaginare qualche riforma, trattandosi di una materia ‘oggettivamente delicata’, si può prendere spunto dalla ‘giurisprudenza molto consolidata’ e trasformarla in una nuova norma, ‘ma sul versante dell’associazione mafiosa, nel senso di individuare ulteriori forme tipizzate di condotte che non sarebbero più concorso esterno ma una vera e propria partecipazione all’associazione mafiosa’. ‘Mettere in discussione il concetto di criminalità organizzata significa creare un certo allarme in tutto il sistema, non solo per le intercettazioni, ma anche per le aggravanti speciali, i benefici penitenziari, le pene e così via. Significa, in parole semplici, indebolire il ‘doppio binario’ secondo cui per i reati di criminalità è più facile condannare e più difficile,  se non impossibile,  avere accesso ai benefici. Il governo sta studiando la possibilità di intervenire d’urgenza con un decreto legge, e le prime riunioni tra i tecnici degli uffici coinvolti si sono già svolte per dare ‘una definizione di criminalità organizzata attraverso una legge, come quarant’anni fa per definire l’associazione mafiosa. Questo, spiega  Mantovano,   per uscire dall’angolo del confronto-scontro con l’Associazione nazionale magistrati, e con il Presidente Giuseppe Santalucia, che  polemizzava con ‘l’ex collega’ oggi sottosegretario a Palazzo Chigi, a proposito di ‘interferenze giudiziarie nella politica’.