Oscad: crimini d’odio in aumento
Secondo i dati dell’Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori), nei primi sette mesi del 2023 si sono registrati 232 crimini d’odio in Italia, il 6,9% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Delle 232 segnalazioni di questo primo semestre, la maggioranza (92) riguardano discriminazioni di natura religiosa, seguite, in numero, dalle discriminazioni razziali (73), quelle per orientamento sessuale (39), disabilità (24) e orientamento di genere (4).
Nella categoria dei ‘crimini d’odio’ rientrano violenze mosse per ragioni legate all’ identità stessa della vittima. Richiamano, quindi, a discriminazioni basate sull’appartenenza ad un gruppo sociale (sia esso riferito alla religione, l’etnia, la nazionalità, l’orientamento sessuale o l’identità di genere) spesso emarginato, poco importa se si tratti di una minoranza o meno. L’Oscad appare nei rapporti del Ministero dell’Interno sulla sicurezza nazionale dal 2010, per monitorare, da vicino, una categoria di reati tenuta solo recentemente in considerazione dall’opinione pubblica. Il presidente dell’Oscad, Vittorio Rizzi, spiega come sia complicato individuare crimini d’odio in un paese in cui le vittime decidono di non denunciare, per i motivi più disparati: mancata conoscenza della lingua; poca fiducia nelle istituzioni; timore di ripercussioni più gravi. Chi assiste, invece, ad un reato, tende a non testimoniare in favore delle vittime, anche qui per ragioni che vanno dalla totale assenza di empatia e sensibilità in fatto di atti discriminatori, fino alla scarsa capacità di individuare gli ‘indicatori di pregiudizio’, quelli che permettono di definire un crimine d’odio tale. Non sorprende che gli indicatori siano poco chiari: in Italia, non esiste una definizione giuridica di ‘crimine d’odio’. Quando l’unica indicazione è una legge del 1975 (modificata nel 2006), che vede “la violenza per motivi di razza, origine etnica, nazionalità o religione” come “reato di per sé” e una “circostanza aggravante”, per definire un crimine d’odio ci si affida all’Odihr (Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani) e l’Ocse (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa). E anche quando ci si va ad informare, presso il portale della polizia, sugli indicatori, così da comprendere meglio le circostanze in cui avviene un reato del genere, si scopre che il primo segnale su cui fanno affidamento gli agenti è la “percezione della vittima/ testimone”, seguito da “gesti violenti”, “scritte” o “presenza di gruppi dichiaratamente discriminatori”. Senza una chiara definizione giuridica, la polizia non può fare molto, se non “bloccare ogni forma di intolleranza prima che degeneri in insofferenza, distruzione e morte”, come scrive Rizzi.
di Alice Franceschi