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Polaris Dawn: la realtà del turismo spaziale

Il miliardario Jared Isaacman è ufficialmente entrato nella storia per essere stato il primo civile ad effettuare una passeggiata spaziale il 12 settembre di quest’anno. Obiettivo: testare le nuove tute, progettate da SpaceX, per le future missioni spaziali, oltre ad eseguire 36 esperimenti in tutto sui cambiamenti della fisiologia umana in condizioni di gravità ed atmosfera differenti da quelle terrestri. Questa seconda spedizione del programma Polaris, creato per “ampliare i confini dell’esplorazione umana nello spazio e aiutare nell’avanzamento scientifico di quanto può essere raggiunto sulla Terra”, verrà ricordata come la missione dei record: ha raggiunto una quota di 1408,7 chilometri, dove nessun altro shuttle è arrivato (se si escludono le missioni Apollo); ha permesso la prima trasmissione di un concerto tra la Terra e lo spazio ed infine Sarah Gillis, esperta SpaceX al fianco di Isaacman nella passeggiata, con i suoi 30 anni, è la persona più giovane ad aver vissuto un’esperienza simile.

I viaggi privati nello spazio sono, ormai, una realtà, anche se assolutamente non alla portata di tutti e dall’impatto ambientale ancora tutto da analizzare. Se i prezzi dei voli SpaceX non sono mai stati resi pubblici, la Virgin Galactic offre biglietti per la modica cifra di 450mila dollari. Un numero certo esorbitante, ma congruente con l’immenso lavoro di ricerca e sviluppo che anticipa la costruzione di uno shuttle simile al Crew Dragon, la navicella pilotata da Isaacman.

Ma nelle spese elencate ancora non figura la voce “carburante”: le nuove navi da crociera rilasciano pericolosi componenti chimici nell’atmosfera. Anidride carbonica e fuliggine, in grado di trattenere il calore e quindi peggiorare gli effetti del riscaldamento globale, insieme ad ossidi di azoto, generati per riscaldamento (le temperature che raggiungono gli shuttle al decollo e durante il ritorno sulla Terra sono altissime) e decomposizione dell’ozonosfera. D’altra parte però il vapor acqueo, rilasciato dai potentissimi motori, creerebbe nuvole in grado di riflettere la luce solare verso lo spazio e quindi, anche se in misura non definita, controbilanciare gli effetti negativi del turismo spaziale sull’ambiente.

Numeri definiti non ce ne sono, ma secondo calcoli effettuati dalla Virgin Galactic, però, le emissioni si aggirerebbero intorno alle 5 tonnellate per passeggero, più del doppio del limite annuale consigliato per raggiungere gli obbiettivi dell’Accordo di Parigi. Perché è vero che il mercato dei normali voli di linea risulta molto più inquinante del turismo spaziale, ma è anche vero che il paragone, ad oggi, non regge: cosa potrebbe accadere se il numero di lanci spaziali equiparasse quello dei voli di linea? Ulteriori ed accurati studi sono necessari per assicurarsi che l’intrattenimento di pochi non diventi una preoccupazione per molti.

di Alice Franceschi