Green pass: ‘Sì a controllo identità da parte dei gestori di bar e ristoranti’. Alla Festa dell’Unità di Bologna entri senza Green pass…
Il Garante per la Privacy, rispondendo ad un quesito rivolto dalla Regione Piemonte, ha confermato che “i titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi” possono richiedere un documento di identità agli intestatari del Green pass. “Le figure autorizzate alla verifica dell’identità personale sono quelle indicate nell’articolo 13 del Dpcm 17 giugno 2021”, si precisa. Tra i soggetti elencati ci sono proprio i gestori di bar e ristoranti.
Il ministro Lamorgese: “Solo forze dell’ordine possono chiedere documenti” – Quanto annunciato ora dal Garante va esattamente al contrario rispetto a quanto detto dal ministro Luciana Lamorgese. “I titolari dei locali pubblici dovranno controllare il lasciapassare, ma non potranno chiedere la carta d’identità ai clienti”, aveva detto il ministro dell’Interno specificando che è in via di preparazione una circolare. “Andare al ristorante con il pass è come andare al cinema e mostrare il biglietto” e “nessuno pretende che gli esercenti chiedano i documenti, i ristoratori non devono fare i poliziotti” e ci saranno “controlli a campione nei locali insieme alla polizia amministrativa”. Parole che avevano rassicurato i gestori dei pubblici esercizi. “Apprezziamo le parole del ministro ma è bene che si faccia chiarezza: se qualcuno esibisce un Green pass di un’altra persona e viene scoperto nei controlli a campione della polizia, un barista non può esserne responsabile e rischiare a sua volta una sanzione”, aveva detto il direttore generale della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) di Confcommercio, Roberto Calugi, che chiedeva di “modificare la norma o almeno emanare una circolare ministeriale”.
Il Garante: “E’ scritto nel decreto chi deve controllare le identità” – L’autorità garante della privacy si è riunita in sessione straordinaria per rispondere al quesito urgente inviato dalla Regione Piemonte. Nella nota inviata alla Regione, l’Autorità sottolinea che la “disciplina procedurale (oggi riconducibile al dPCM 17 giugno 2021) comprende – oltre la regolamentazione degli specifici canali digitali funzionali alla lettura della certificazione verde – anche gli obblighi di verifica dell’identità del titolare della stessa, con le modalità e alle condizioni di cui all’art. 13, c.4, del citato dPCM”. Tale articolo precisa che “l’intestatario della certificazione verde all’atto della verifica dimostra, a richiesta dei verificatori, la propria identità personale mediante l’esibizione di un documento di identità”.
Tra i soggetti elencati dal citato articolo ci sono: i pubblici ufficiali nell’esercizio delle relative funzioni; il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo; i soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi; il proprietario o il legittimo detentore di luoghi o locali presso i quali si svolgono eventi e attività; i vettori aerei, marittimi e terrestri; i gestori delle strutture che erogano prestazioni sanitarie.
I ristoratori: “Chiederemo documenti solo in casi sospetti” – “Ci auguriamo che la nostra ‘richiesta’ del documento di identità, come si legge nel decreto di giugno, avvenga soltanto laddove si ravvisi una palese contraffazione del certificato. E in quel caso, se il cliente si rifiuta di esibire il documento, chiameremmo le forze dell’ordine. Non possiamo sostituirci a un pubblico ufficiale”. Questa la posizione del direttore generale della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) di Confcommercio, Roberto Calugi. Nel caso in cui dovessero esserci sanzioni anche per i gestori, Calugi chiarisce: “valuteremmo dei ricorsi, ma sarà il nostro Consiglio direttivo a decidere”.
Quanto detto e legittimato ci dice anche che non Green pass no party. In compenso puoi entrare alla Festa dell’Unità di Bologna anche senza il lasciapassare sanitario che dovrebbe garantire la sicurezza di uno spazio Covid free. Come nota Giorgia Meloni: «Una discriminazione nella discriminazione’. La kermesse del Partito democratico è salva. Del resto, non è a questo che si mirava già nelle scorse settimane, discutendo dell’eliminazione dell’obbligo di esibire la carta verde nelle fiere e nelle sagre che non hanno varchi presidiabili? Insomma, siamo in presenza di uno stratagemma furbetto o di un rimedio forzato? Ah saperlo… Fatto sta che già con la soluzione individuata alla fine per sagre e fiere, a tutti è sembrato più che chiaro che, comunque vada, non ci sarà bisogno di documenti per varcare la soglia della festa dem allestita negli spazi del parco pubblico bolognese. E così è andata…
Peccato però che, una volta dentro, bastano pochi passi per incontrare i primi problemi e inciampare nei primi dubbi rimasti a galla dove, ad ogni ristorante o barettino, si ripropone il dilemma sul ricorso o meno alla certificazione green. Libero tra gli altri, scrive: «Servirà però un supplemento di spiegazioni sull’interpretazione delle norme sugli spazi interni, visto che la grande festa di Bologna è munita di tavoli dei ristoranti».
Diverso il discorso degli obblighi sanitari da ottemperare nei dibattiti: anche se, anche in questo caso, le norme non forniscono ancora sufficiente chiarezza. E allora? Allora nel frattempo semaforo verde anche senza green pass alla rossa fiera delle vanità dem che, proprio perché trattasi della kermesse politica del terzo partito di governo, può contare su un trattamento riservato e ad hoc.
Insomma, come ha opportunamente sottolineato Giorgia Meloni sulla sua pagina Facebook, siamo di fronte a «una discriminazione nella discriminazione: perché in un parco divertimento non si potrebbe accedere senza Green Pass come negli spazi aperti di una fiera? Non sono attività che si svolgono all’aperto anche quelle? O forse le cose vanno bene finché al Pd è concesso svolgere in tutta normalità le feste dell’Unità?». Al Pd l’onere di una spiegazione esauriente...