Lavoro, Cgia: “Da quello ‘nero’ 78 mld Pil, preoccupa il Sud”
Il lavoro nero presente in Italia “produce” ben 77,8 miliardi di euro di valore aggiunto. Una piaga sociale ed economica, sottolinea l’Ufficio studi della Cgia, che, su base regionale, presenta livelli molto diversificati. La Lombardia, ad esempio, sebbene conti oltre 504 mila lavoratori occupati irregolarmente, è il territorio meno interessato da questo triste fenomeno: il tasso di irregolarita’1 è pari al 10,4 per cento, mentre l’incidenza del valore aggiunto prodotto dal lavoro irregolare sul totale regionale è pari al 3,6 per cento; il tasso più basso presente nel Paese. Per contro, la situazione più critica si registra in Calabria: a fronte di “soli” 135.900 lavoratori irregolari, il tasso di irregolarità à del 22 per cento e l’incidenza dell’economia prodotta dal sommerso sul totale regionale ammonta al 9,8 per cento.
Nessun’altra realtà territoriale presenta una performance così negativa. Secondo l’ufficio studi Cgia, la situazione al Nord è tutto sommato abbastanza sotto controllo, mentre nel Mezzogiorno – anche a causa di ragioni sociali, culturali ed economiche – la presenza del lavoro nero è molto diffusa. Dopo la Lombardia, tra le regioni solo “sfiorate” dal “nero” vi è il Veneto, la provincia di Bolzano, il Friuli Venezia Giulia, il Piemonte e l’Emilia Romagna. In queste realtà il peso del fatturato generato dal sommerso sul Pil regionale oscilla tra il 3,7 e il 4 per cento. In coda, poco prima della Calabria, è altrettanto critica la situazione della Puglia (7,1 per cento), della Sicilia (7,8) e della Campania (8,5). A livello nazionale, l’Ufficio studi della Cgia stima in poco meno di 3,3 milioni di persone che quotidianamente per qualche ora o per l’intera giornata si recano nei campi, nelle aziende, nei cantieri edili o nelle abitazioni degli italiani per esercitare un’attività lavorativa irregolare: il tasso di irregolarità è al 12,8 per cento mentre il peso del valore aggiunto generato dall’economia sommersa è del 4,9 per cento.