Guai vegani
Ci siamo, la rivoluzione “woke” ha cominciato a mangiare i propri figli – o, nel caso, i propri genitori. Cinque “trustees” – paragonabili a dei commissari fiduciari – della Vegan Society si sono dimessi in forte polemica con l’ente che da 76 anni promuove la dieta vegana nel mondo. Al nocciolo della polemica, l’accusa che il veganismo sia troppo “bianco” e troppo poco accomodante rispetto ai nuovi generi sessuali.
A far precipitare la situazione è stato un violento scontro interno sull’origine etnica dei cibi comunemente consumati dai vegani praticanti. Secondo i “rivoltosi”, mangiare piatti come hummus (la purea di ceci del Medio Oriente), dhal (stufato pakistano di lenticchie rosse) e tofu sarebbe da considerare come “appropriazione culturale”, una sorta di furto occidentale perpetrato ai danni delle popolazioni “non bianche” del mondo.
Il leader dei fuorusciti, l’ex Vice-Presidente del comitato dei fiduciari, Eshe Kiama Zuri – che per essere citato/citata richiede l’utilizzo del pronome inglese “they” (loro), in quanto più corrispondente ai suoi generi sessuali multipli – ha rilasciato una dichiarazione alla stampa definendo l’associazione “un posto pericoloso per giovani, neri, ‘queer’ o qualsiasi altra persona emarginata”.
La Vegan Society è stata fondata in Inghilterra nel 1944 allo scopo di promuovere uno stile di vita che escluda ogni forma di sfruttamento o di crudeltà nei confronti degli animali. Negli ultimi anni è stata molto influente nell’orientare le abitudini alimentari del pubblico verso forme di consumo più sostenibili.