Politica

Ucraina:  “Ingresso Kiev in Nato non in agenda”.

Gli occhi del mondo sono puntati sull’Ucraina a ridosso del giorno (il 16 febbraio) che, secondo l’intelligence degli Stati Uniti, sarebbe stato scelto dalla Russia per passare dalle parole ai fatti. Mentre si moltiplicano gli appelli a Putin perché allenti la tensione si affaccia l’ipotesi che Kiev possa rinunciare all’ingresso nella Nato per evitare la guerra.

Il braccio di ferro tra Russia e Ucraina continua. Nessuno dei leader in campo molla la presa. La telefonata tra Biden e Putin  non ha sortito effetti risolutivi. «Non c’è stato alcun cambiamento fondamentale nella dinamica che si sta svolgendo ormai da diverse settimane», ha confermato infatti un alto funzionario americano ai giornalisti al termine del colloquio telefonico avvenuto nelle ore più difficili della crisi.

Ore in cui, mentre l’Ucraina resta incline a una soluzione diplomatica con la Russia, si dice comunque «pronta a tutto». Come ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, confermando il suo impegno con i partner internazionali per evitare un conflitto, ma senza escludere che ci possano essere «sorprese in qualsiasi momento».  Sorprese a cui, appunto, il governo ucraino si dice preparato. «Consapevole dei rischi di un’escalation della situazione da parte della Federazione Russa». Consapevolezza e predisposizione confermate anche dai cittadini che a Kiev sono scesi in piazza, dopo l’appello del presidente ucraino a non farsi prendere dal panico.

«L’aggressore non riuscirà a conquistare alcuna città in Ucraina», aveva afferma il ministro della Difesa di Kiev Oleksiy Reznikov. Aggiungendo, all’apice di una sfida muscolare insistentemente in corso: «Tutti quelli che hanno guardato negli occhi dei nostri soldati almeno una volta sono sicuri che non si potrà in alcun modo ripetere quanto avvenuto nel 2014. L’aggressore non catturerà né Kiev. Né Odessa. Né Kharkiv o qualsiasi altra città», ha detto Reznikov. Mentre Putin, dal canto suo, respinge ogni ipotesi di attacco a Kiev e accusa Washington di isteria, intenzionato, a nome della Russia, a «proseguire il dialogo a tutti i livelli».

Molta confusione si è creata attorno alle parole dell’ambasciatore ucraino in Gran Bretagna, Vadym Prystaiko, sulla flessibilità di Kiev che potrebbe perfino rinunciare a ogni ambizione di adesione dell’Ucraina nella Nato pur di evitare una guerra. Parole “fraintese”, spiega poi alla Bbc il Ministero degli Esteri ucraino, sottolineando che la prospettiva di un’adesione all’Alleanza Atlantica da parte di Kiev è “incardinata nella Costituzione”. Per l’Ucraina è “cruciale” avere una “garanzia di sicurezza” e “la migliore garanzia sarebbe l’immediata adesione alla Nato”, ha affermato il Ministero.

Il Cremlino commenta le parole del diplomatico dicendo che “se l’Ucraina avesse rinunciato a entrare nella Nato, questo aiuterebbe significativamente nella risposta alle preoccupazioni russe”, ma non ci sono indicazioni sul fatto che questa sia la posizione ufficiale di Kiev.

I Paesi del G7, intanto, in una nota congiunta dei ministri delle Finanze, sono pronti a infliggere sanzioni alla Russia dall’impatto “enorme e immediato” nel caso di un’aggressione ai danni dell’Ucraina.

A lavoro anche la diplomazia italiana: secondo fonti Di Maio sarebbe in partenza per una “missione” nei due Paesi e dovrebbe essere presente oggi a Kiev. Intanto, sulla scia dei timori di un imminente attacco di Mosca, precipitano le Borse: i mercati europei hanno iniziato la prima seduta della settimana in profondo rosso.

In un’intervista alla Bbc l’ambasciatore ucraino nel Regno Unito, Vadym Prystaiko, ammette che “potremmo rinunciare a entrare nella Nato, soprattutto se veniamo minacciati così, ricattati così e spinti in questa direzione”, salvo poi fare marcia indietro e sostenere che le ambizioni di Kiev restano le stesse, perché la “Nato è sancita dalla Costituzione”. Ma ormai il sasso è stato lanciato e viene raccolto dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov: un impegno dell’ Ucraina “formalizzato in qualche modo” a non perseguire l’adesione alla Nato “sarebbe un passo che potrebbe contribuire considerevolmente a formulare una risposta più significativa alle preoccupazioni di Mosca”.

L’idea di un congelamento dell’obiettivo ucraino – tra i motivi all’origine dell’iniziativa russa -, sarebbe contemplata anche da Olaf Scholz. Tant’è che  il cancelliere, al termine dell’incontro col presidente ucraino Zelensky, getta acqua sul fuoco: “La questione dell’appartenenza alle alleanze non è in agenda. Ed è proprio per questo, che è un po’ strano osservare che il governo russo stia mettendo al centro di grandi problematiche politiche qualcosa che in pratica non è all’ordine del giorno”. Del resto, al momento, l’Ucraina non avrebbe i requisiti per l’accesso alla Nato che, oltre all’approvazione unanime degli altri membri, ha come precondizioni una “democrazia funzionante” e l’assenza di “dispute territoriali esterne irrisolte”.

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov  apre a un accordo con l’Occidente. “Ci sono chance” ha detto in un incontro con Putin, di risolvere la crisi per via diplomatica. Da parte sua Putin torna a ribadire che l’ espansione della Nato verso est “è infinita e molto pericolosa” e che avviene “a spese delle ex Repubbliche sovietiche, inclusa l’Ucraina”. Ma ci sono ulteriori segnali di disgelo nelle parole del ministro della Difesa, Serghei Shoigu. “Parte delle esercitazioni militari russe in corso stanno volgendo al termine”, ha annunciato nel suo faccia a faccia col presidente russo. Parole dirette all’uditorio occidentale, più che a Putin: di esercitazioni militari la Russia aveva parlato per legittimare il dispiegamento di forze al confine ucraino. 

Punto di distanza con l’Ucraina resta il gasdotto Nord Stream 2, che Zelensky non esita a definire “un’arma geopolitica”. La Stream 2 è la pipeline miliardaria costruita per decuplicare il flusso di gas dalla Russia alla Germania. L’amministrazione Biden nei fatti continua a essere contraria a Nord Stream 2, e continua a ritenere che sia «un progetto geopolitico del Cremlino il cui obiettivo è espandere l’influenza della Russia sulle risorse energetiche dell’Europa. Continuiamo a pensare che sia un cattivo risultato per la Germania, per l’Ucraina e per l’Europa». Nord Stream 2 mira a raddoppiare la portata del gasdotto Nord Stream, che è stato inaugurato nel 2012 e segue più o meno lo stesso tracciato: entrambi sono gasdotti offshore (cioè costruiti sul fondale marino) che collegano direttamente Russia e Germania passando sotto al Mar Baltico. Sono progettati per trasportare gas naturale, cioè il metano, quello che si usa tutti i giorni in cucina. Nord Stream 2, in particolare, parte dalla costa baltica della Russia fino ad arrivare a Greifswald, in Germania, poco distante dallo sbocco di Nord Stream 1 allacciato alla rete di distribuzione dell’Unione Europea.  Nord Stream 2 è il gasdotto più lungo del mondo: 1.230 chilometri (Nord Stream è lungo 1.224 chilometri). Nord Stream 2 preoccupa gli Stati Uniti e diversi paesi dell’Europa dell’est perché da sempre la Russia utilizza le esportazioni di gas naturale non solo come una risorsa con cui fare profitti, ma anche e soprattutto come uno strumento politico grazie al quale aumentare la propria influenza all’estero. Finora, tuttavia, questa influenza era almeno in parte limitata dal fatto che il gas doveva passare per forza in gasdotti che attraversano via terra l’Ucraina (e in parte minore la Bielorussia e altri paesi dell’area). La Russia grazie a Nord Stream 2 potrà usare le esportazioni di gas a proprio vantaggio, per esempio decidendo di volta in volta se privilegiare i gasdotti che attraversano diversi paesi dell’Europa orientale e dello spazio ex sovietico o quelli che arrivano direttamente in Europa occidentale.

Nord Stream 2, in pratica, potrebbe dare alla Russia il potere di punire i paesi vicini minacciandoli per esempio di tagliare le forniture di gas, mantenendo però intatte le lucrose esportazioni in Europa occidentale. Questo è un problema soprattutto per l’Ucraina, paese che di fatto è in uno stato di conflitto permanente con la Russia dal 2014, e che comprensibilmente è quello che ha reagito peggio alla decisione della Germania di sostenere la costruzione di Nord Stream 2. A causa del nuovo gasdotto, l’Ucraina rischia di perdere non soltanto una importante garanzia di sicurezza energetica e strategica, ma anche una notevole risorsa economica: il passaggio del gasdotto le consente infatti di incassare ingenti tasse di transito.