Russia sull’orlo di un’enorme crisi finanziaria
Mentre al confine con la Bielorussia, a Gomel, sulla riva del fiume Pripyat, è andato in scena il primo round di negoziati tra Russia e Ucraina – primo tentativo di dialogo dall’inizio della guerra innescata dall’invasione ordinata dal presidente russo Vladimir Putin – l’Italia vota un decreto ad hoc a sostegno di Kiev.
“Abbiamo trovato un punto di contatto sui quali costruire una posizione comune” ha commentato al termine dell’incontro il capo della delegazione russa, Vladimir Medinsky. “La cosa più importante è che abbiamo concordato di continuare il processo negoziale”: il prossimo incontro avverrà nei prossimi giorni al confine polacco-bielorusso, “c’è un accordo”.
I colloqui sono durati circa cinque ore: sono stati discussi in dettaglio tutti i temi in agenda e trovato “alcuni punti in comune” su cui Mosca prevede “che possano essere trovate posizioni comuni”, ha detto Medinsky. A cominciare dal fatto che i negoziati continuino.
Il consigliere della presidenza ucraina, Mikhail Podolyak, ha confermato che “le due parti hanno identificato un certo numero di temi prioritari su cui sono state indicate alcune decisioni. Perché ci sia l’opportunità di attuarle le parti partiranno per consultazioni nelle loro rispettive capitali”. La possibilità di un secondo round di consultazioni nel prossimo futuro è stata discussa “e questi temi verranno sviluppati in modo pratico e concreto”.
Nel frattempo il presidente francese Emmanuel Macron, su richiesta del presidente ucraino Zelensky, ha sentito telefonicamente Putin, chiedendogli di “sospendere tutti gli attacchi contro i civili, di preservare le infrastrutture civili e le vie di accesso all’Ucraina“.
Secondo quanto riferito dall’Eliseo, Putin si sarebbe “impegnato su tutti e tre questi punti”. Ma tra le richieste avanzate dallo “zar” ci sarebbero la sovranità russa della Crimea, la risoluzione degli obiettivi di demilitarizzazione e denazificazione dell’Ucraina e l’assicurazione del suo status neutrale.
Intanto nel nostro Paese il Consiglio dei ministri ha dato il via libera all’unanimità al decreto legge per garantire sostegno e assistenza al popolo ucraino attaccato dalla Russia di Putin. Al Cdm hanno partecipato, su proposta del premier Draghi, il Ministro degli affari esteri Di Maio, il Ministro della Difesa Guerini, dell’Interno Lamorgese, della Transizione ecologica Cingolani e dell’Università e della Ricerca Messa. Il decreto interviene in diversi ambiti.
Il decreto deciso da Draghi si basa sugli articoli 3 e 4 del Trattato nordatlantico che consente agli Stati di resistere a un attacco armato agendo insieme “ogni volta che, nell’opinione di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata”.
In partenza dall’Italia verso l’Ucraina ci sono già 1.350 soldati appartenenti ai corpi speciali: lagunari, paracadutisti, alpini, incursori del Comsubin, a potenziamento delle forze già presenti in Lettonia, Romania e Mediterraneo orientale. Costo iniziale dell’operazione 154 milioni di euro.
Ma ecco cosa è stato approvato con il decreto Ucraina.
Difesa: invio armi e mezzi all’Ucraina
In particolare, il provvedimento contiene una norma abilitante che, dopo una risoluzione delle Camere, consente al Ministro della difesa Guerini di adottare un decreto interministeriale per inviare in Ucraina mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari, fino a fine anno.
Gli elenchi dei mezzi verranno definiti nel tempo con decreti ministeriali ad hoc. Con uno o più decreti del Ministro della difesa, ha detto Palazzo Chigi, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell’economia e delle finanze verranno quindi definiti con precisione i mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari oggetto della cessione.
Secondo quanto riportato da alcuni media come anticipazione, si tratterebbe comunque di missili Stinger antiaerei, missili Spike controcarro, mitragliatrici Browning, mitragliatrici Mg e munizioni. Ad occuparsi della consegna e della parte logistica dovrebbe essere la NATO, che sta organizzando un ponte aereo per trasferire gli armamenti provenienti da tutti gli Stati fino alla frontiera e poi consegnarli all’esercito ucraino.
Energia: possibili razionamenti del gas
Una seconda parte si occupa del livello di rischio imprevisto per il normale funzionamento del sistema nazionale di gas naturale. Per questo è stato autorizzato l’anticipo, anche a scopo preventivo, dell’aumento dell’offerta e/o della riduzione della domanda di gas previste in casi di emergenza.
In pratica, se ce ne fosse bisogno, sarebbe possibile ricorrere ai razionamenti di gas. Nel caso arrivasse una crisi in questo senso, si aprirebbe immediatamente alla possibilità di ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento.
Sul fronte energia, spiega infatti Palazzo Chigi a stretto giro dal via libera al provvedimento, “il decreto si occupa del livello di rischio imprevisto riguardo al normale funzionamento del sistema nazionale di gas naturale. Per questo si autorizza, anche a scopo preventivo, di anticipare l’adozione di misure per l’aumento dell’offerta e/o la riduzione della domanda di gas previste in casi di emergenza, una eventualità che al momento non corrisponde a quella in cui si trova il nostro Paese”.
La norma rende immediatamente attuabile, se fosse necessario, la riduzione del consumo di gas delle centrali elettriche oggi attive, attraverso la massimizzazione della produzione da altre fonti. Resterebbe invariato il contributo delle energie rinnovabili.
A questo fine il governo ha deciso di coinvolgere direttamente Terna S.p.A., in qualità di gestore della rete di trasmissione nazionale. Una frenata, dunque, rispetto al processo di decarbonizzazione in atto.
Rifugiati
Il decreto interviene anche a favore dei profughi, che si presume arriveranno in Italia visto i cittadini ucraini che vivono nel nostro Paese sono circa 250mila.
Il provvedimento prevede il rafforzamento della rete di accoglienza degli stranieri. In particolare, il provvedimento stabilisce:
un incremento di 13mila posti dei centri straordinari che potranno essere attivati dai Prefetti (CAS)
un potenziamento di ulteriori 3mila posti del sistema di accoglienza e integrazione (SAI)
che i cittadini ucraini vengano ospitati nei CAS anche indipendentemente dal fatto che abbiano presentato domanda di protezione internazionale
che le disponibilità dei CAS e della rete SAI, già incrementate dopo la crisi afghana, vengano dedicate anche alle esigenze di sistemazione e accoglienza dei profughi ucraini.
Università
Infine, Palazzo Chigi ha deciso di istituire un apposito Fondo da 500mila euro per finanziare misure di sostegno per studenti, ricercatori e docenti ucraini affinché possano svolgere le proprie attività presso università, istituzioni per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica ed enti di ricerca italiani.
Stato di emergenza
Parallelamente, proprio a causa della guerra tra Ucraina e Russia, l’Esecutivo ha deciso di prorogare lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2022: il motivo è proprio poter assicurare soccorso e assistenza alla popolazione ucraina. Questo tuttavia non c’entra con lo stato di emergenza dichiarato per il Covid, che terminerà invece, come già deciso, il 31 marzo. Sul territorio italiano la configurazione dello stato di emergenza per gli aiuti all’Ucraina non ha alcun tipo d’impatto.
Per sostenere interventi più urgenti sono stati stanziati 10 milioni di euro, a carico del Fondo per le emergenze nazionali.
Mentre da Oltreoceano arriva la decisione ferma del presidente Usa Joe Biden di non inviare truppe a combattere contro la Russia, e mentre si tenta il tutto per tutto con il secondo round di negoziati a due passi dalla centrale di Chernobyl che nel 1986 sconvolse l’Europa con una nube radioattiva, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky spiazza tutti.
Zelensky ha ufficialmente firmato una domanda di adesione dell’Ucraina all’Unione europea. La mossa – dal potentissimo valore simbolico prima ancora che politico – arriva poche ore dopo che lo stesso presidente ucraino ha pubblicato un video in cui si appellava all’Ue per l’adesione e invitava le forze russe a tornare a casa.
L’Ucraina non è attualmente riconosciuta come candidata ufficiale per l’adesione all’Ue, sebbene faccia parte dal 2017 di un accordo di associazione con l’Unione in cui entrambe le parti hanno concordato di allineare le proprie economie in determinate aree e approfondire i legami politici.
Cinque paesi stanno attualmente integrando la legislazione Ue nel proprio diritto nazionale per farvi ingresso: si tratta di Albania, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Turchia. Altri due — Kosovo e Bosnia ed Erzegovina — sono classificati come “potenziali candidati” perché non soddisfano ancora i criteri per presentare la domanda di adesione.
Il processo in inclusione nell’Unione europea prevede trattative che richiedono molto tempo. Un Paese può presentare domanda solo se soddisfa determinate condizioni, tra cui avere un’economia di libero mercato e una democrazia stabile e accettare tutta la legislazione dell’Ue oltre alla sua moneta, l’euro.
La domanda va presentata al Consiglio europeo, che chiede alla Commissione di valutare la capacità del Paese di soddisfare i criteri. Se la valutazione della Commissione è favorevole, il Consiglio europeo deve concordare all’unanimità un quadro formale per i negoziati, che poi si svolgono tra ministri e ambasciatori dei governi dell’Ue e del Paese candidato.
Zelensky aveva detto di aver parlato con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel: “È un momento cruciale per chiudere una volta per tutte la discussione di lunga data e decidere sull’adesione dell’Ucraina all’Ue” aveva twittato alcuni giorni fa. Michel a sua volta aveva risposto in un tweet: “L’Ucraina e la sua gente sono una famiglia. Un ulteriore sostegno concreto è in arrivo”.
Il capo dell’Ucraina sotto assedio russo ha esortato l’UE a consentire l’ingresso immediato dell’Ucraina in quella che ha descritto come una “nuova procedura speciale”. “Il nostro obiettivo è stare con tutti gli europei e, soprattutto, essere uguali”, ha detto. “Sono fiducioso che sia giusto. Sono fiducioso che ce lo siamo meritati. Sono fiducioso che tutto questo sia possibile”.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato che l’Ucraina è “uno di noi e li vogliamo” nell’Unione europea. Ma ha comunque fatto intendere che l’ingresso di Kiev non sarà immediato: posto che i due cooperano già strettamente in settori strategici come l’energia, il processo comporterebbe l’integrazione del mercato ucraino in quello dell’Ue e dunque sarebbe lungo.
Il conflitto è già scivolato in un punto di non ritorno: difficile prevedere se e come al tavolo dei negoziati verrà trovato un accordo di massima, ma l’utilizzo di potenti bombe a grappolo che, secondo diverse organizzazioni umanitarie, la Russia starebbe usando nella sua avanzata in Ucraina hanno già traslato la guerra su un altro piano: quello dei possibili “crimini contro l’umanità”, per cui Putin potrebbe essere incriminato.
La Corte penale internazionale ha annunciato che aprirà un’indagine su presunti crimini di guerra condotti dalla Russia in Ucraina. Lo ha detto il procuratore della Cpi Karim AA Khan affermando che “c’è una base ragionevole per ritenere che siano stati commessi in Ucraina sia presunti crimini di guerra, sia crimini contro l’umanità”.
Bombe a grappolo sarebbero state lanciate su una scuola qualche giorno fa, dove dei bambini sono rimasti uccisi o mutilati. Ma non solo. Una volta sparate, queste munizioni a grappolo si aprono a mezz’aria e fanno piovere decine di munizioni più piccole, le “bombe” appunto, su una vasta area delle dimensioni di più campi da calcio. Ma non lo fanno subito: fino al 40% di queste bombe non esplode nell’impatto, ma resta a terra inesploso. Colpendo indiscriminatamente anche i civili. L’Afghanistan disseminato di queste bombe a forma di giocattoli, poi raccolti dai bambini, deve essere parte della nostra memoria collettiva.
Un disastro umanitario, gravissimo, che violerebbe tutte le convenzioni internazionali. Nel 2008, più di 100 Paesi hanno sottoscritto un trattato internazionale che vieta l’uso di munizioni a grappolo, ma tra i grandi assenti alla firma c’erano proprio Russia e Ucraina.
Putin viene descritto come isolato nel Cremlino, solo, con scarso sostegno sia tra la popolazione russa che tra i suoi fedelissimi. Il suo equilibrio precario è evidente anche sul piano economico. L’economia russa sta subendo gravissimi contraccolpi per le sue azioni e potrebbe sprofondare in una crisi senza precedenti. L’attacco militare voluto da Putin sta innescando una delle peggiori crisi finanziarie del Paese dall’era sovietica.
La Russia è sottoposta a severe sanzioni: alcune banche sono state tagliate fuori dal sistema SWIFT, e una grossa fetta delle riserve valutarie internazionali del Paese, stimate in centinaia di miliardi di dollari, è stata congelata.
Altissimi i rischi di inflazione e volatilità dei mercati, tanto che le autorità di regolamentazione hanno tenuto deciso di chiudere il mercato azionario per limitare le turbolenze. La Banca centrale russa sta cercando in tutti i modi di sostenere il rublo: la governatrice Elvira Nabiullina ha detto che l’economia russa si trova ad affrontare “una situazione del tutto anormale”.
Dopo aver già alzato il tasso di interesse al 9,5% due settimane fa, ora l’ha più che raddoppiato, portandolo al 20%. Il rublo è sceso a un minimo storico dopo un fine settimana che ha portato nuove severe sanzioni economiche da parte di Stati Uniti e Unione Europea, crollando di almeno il 20% e superando la soglia dei 100 contro il dollaro USA. Le sanzioni e l’instabilità hanno costretto Putin a firmare un decreto per contrastare quelle che ha definito le “azioni ostili e illegali degli Stati Uniti e dei loro alleati”.
La Banca centrale si assicurerà che i mercati valutari continuino a muoversi, e la fortuna di Mosca è aver approntato da tempo un sistema di messaggistica finanziaria che può sostituire SWIFT nelle operazioni bancarie.