Musei: ferite da guarire con l’arte restituita
Ogni anno, 8,5 milioni di persone visitano il Louvre; circa 6 milioni di turisti visitano il Metropolitan Museum ed il British Museum; 1,1 milioni di persone visitano il Neues Museum di Berlino; ma nessuno di loro sa di star ammirando opere potenzialmente rubate, trafugate o commerciate illegalmente nel corso della storia.
Le ragioni per cui, nei musei più importanti del mondo, si trovano dipinti, sculture e manufatti stranieri è il ricordo di ferite ancora aperte: saccheggi di guerra (da Napoleone alla seconda guerra mondiale), colonialismo e, soprattutto, mercato nero dell’arte. Ad oggi, secondo le ultime indagini dell’Interpol, il commercio illegale di opere d’arte vale ben 10 miliardi di euro e ricopre il 5% dell’intera industria. Numeri che fanno riferimento ad un presente molto meno sensibile alla cultura di quanto ci aspettassimo.
Non solo: spesso sono gli stessi musei a rendersi protagonisti di un sistema che dovrebbero contrastare, in nome di quella missione illuminista ormai dimenticata. Il caso (o i casi, probabilmente conviene parlare al plurale) Paul Getty Museum è sicuramente il più noto e sconvolgente in fatto di musei dediti al traffico illegale. Già conosciuto per aver esposto 50 opere italiane trafugate, ad oggi conserva ancora il bronzo dell’ Atleta di Fano, rinvenuto nelle acque dell’Adriatico da alcuni pescatori italiani nel 1965 e probabilmente attribuito al noto sculture greco Lisippo. Si pensa che nei magazzini possano giacere altre opere di valore inestimabile, ma decisamente troppo compromesse per essere esposte.
Il Paul Getty Museum continua a difendere il diritto di esporre l’Atleta di Fano, perché “non c’è motivo per cui debba essere considerato italiano”. Ma quello che evidentemente sfugge (o vuole sfuggire) a molti musei è che l’arte non conosce davvero un prezzo. Certo: per i visitatori ne ha uno, quello del biglietto, che ogni museo si augura continueranno a pagare in eterno. Ma è l’espressione di un altro popolo, quella che pagano per vedere: un’altra cultura, un’altra storia.
Ed è da questa consapevolezza che è nato un movimento generale di richiesta del rimpatrio di opere confiscate durante l’epoca del colonialismo, o commercializzate in maniera illecita: la Grecia che richiede i resti del Partenone al British Museum; così come l’Egitto, che rivuole la Stele di Rosetta (British Museum) e il busto di Nefertiti, oggi conservato al Neues Museum di Berlino; la Nigeria ha ottenuto i suoi “bronzi del Benin”, così come altri sei bronzi conservati all’Horniman Museum di Londra.
Come ha detto anche l’attuale direttore della Galleria degli Uffizi, Eike Dieter Schmidt, ci sono ferite che non si potranno mai rimarginare se alcune opere d’arte, di grande importanza artistica e simbolica, non verranno restituite dai musei occidentali.
di Alice Franceschi