Fiducia
Il British Social Attitudes Survey è un sondaggio statistico condotto annualmente in Gran Bretagna da quasi quarant’anni. Nel 1986, a una domanda sul livello di fiducia accordato al governo britannico, circa il 40% degli interpellati dichiarò di fidarsi “quasi sempre” mentre il 10% rispose “quasi mai”. Da allora, il giudizio si è rovesciato in maniera perfettamente speculare: oggi i malfidenti sono il 40% e i fiduciosi solo il 10%.
L’andamento americano è simile. Secondo l’autorevole Pew Research Center, mentre nel 1958 —con l’inizio del National Election Study—all’incirca tre quarti degli americani si fidavano del proprio governo “quasi sempre” o almeno “perlopiù”. Oggi meno di un quarto della popolazione Usa accorda la stessa fiducia: “quasi sempre” (2%) e “perlopiù” (22%).
L’“ossessione statistica” dei paesi anglosassoni è ormai cosa nota. Altre nazioni sono meno puntuali e i dati che forniscono non sono sempre direttamente paragonabili. Tuttavia, l’Ocse—il “club” dei paesi più ricchi—ammette che “la fiducia nei governi è in declino in molti nostri stati membri” e osserva che la mancanza di credibilità “compromette la disponibilità dei cittadini e delle aziende a rispondere alle politiche pubbliche attraverso un contributo fattivo a un recupero economico sostenibile”.
Il giudizio Ocse risale al 2019, prima dell’avvento del Covid. È difficile identificare uno stato che nel frattempo si sia distinto per la precisione e l’efficacia della sua reazione alla pandemia. Non c’è quindi motivo per pensare che l’opinione generale delle popolazioni occidentali sull’operato dei propri governi nel contesto sia positiva—né che la situazione sociale si sia ristabilita dopo “shock politici” come l’elezione di Donald Trump oppure, in Inghilterra, l’esito del referendum Brexit e in Italia la parabola elettorale del Movimento Cinque Stelle.
Come reazione, nei paesi con governi di tipo parlamentare si è spesso fatto—nei limiti del possibile—di tutto per evitare il ricorso alle urne e le sgradite sorprese che esso potrebbe generare. Inoltre, tanto per spostare l’attenzione verso le mancanze altrui, è stata largamente adottata una sorta di “caccia agli untori” focalizzata su quelli che non accettano la vaccinazione anti-Covid—una reazione non del tutto logica dal momento in cui è stato dimostrato che pure i vaccinati possono trasmettere il virus a terzi e che i “No-vax” pertanto non sarebbero più pericolosi per il pubblico allargato di chiunque altro. Fatta eccezione per il fattore “cattivo esempio”, danneggiano principalmente sé stessi.
Il crollo di fiducia nelle istituzioni occidentali è davanti agli occhi di tutti, per quanto ci sia poca voglia di “ufficializzarlo”. Spesso si dà la colpa ai “social” e alle “fake news” che sicuramente vi prosperano. Forse il problema è invece che le reti abbondano anche di notizie vere. Molte paesi hanno avuto maggiore fiducia nei loro governi quando i cittadini avevano meno informazioni sul loro effettivo operato.
C’è comunque—o meglio, ci sarebbe—una via d’uscita. I dati anglosassoni con cui abbiamo iniziato il discorso dimostrano una netta corrispondenza nel tempo tra l’andamento economico positivo e il livello di fiducia nelle istituzioni. Forse basterebbe “semplicemente” governare meglio…